Siamo a Venti, di Roberto Bonati

Venti anni di un festival che già dal nome ha voluto abitare in un territorio di frontiera, creando un terreno fertile di incontro tra i linguaggi e con gli artisti.
Venti anni in cui quello che sembrava “non possibile” è stato.

Vénti Anni ma anche Vènti Migranti, venti che ci portano un altro mondo e che,  come tante volte nella storia, mescolano i popoli e le culture. E sono a volte venti violenti, venti che sradicano, che si abbattono sulle case, sulle vite delle persone, sulle famiglie e sulle loro storie, nei deserti assolati e tra le onde di questo nostro mare, che insieme unisce e divide.

Se da lontano queste vite ci sembrano essere una massa indistinta man mano che ci avviciniamo vediamo che sono tante storie individuali, ognuna diversa, grandiosamente piccola e fragile.

Però i venti portano semi, nella fatica del viaggio, nella pena quotidiana, nella gioia laboriosa del poter costruire, del potersi ricostruire, del riuscire a predisporre noi stessi a una non semplice condizione di accoglienza che non deve, non può essere solo dare un letto e un riparo, bensì creare un’integrazione proiettata nel futuro.

Mi sono chiesto cosa sarà di questo festival, come si modificherà, dove i venti migranti ci porteranno.
Ecco, mi interessa oggi guardare al futuro, con la storia di questi venti anni ben impressa nel cuore.
E allora vi dico cosa vorrei per il futuro, vi voglio raccontare i miei desideri.

Nella triade produzione / formazione / ospitalità le prime due sono state da sempre il centro dell’attività di ParmaFrontiere e del festival, spesso si sono vicendevolmente coniugate.

Anche quest’anno abbiamo diverse nuove produzioni e molte coinvolgono giovani musicisti come  la creazione che vede protagonisti, nel doppio ruolo di compositori ed esecutori, studenti provenienti da cinque scuole europee (Oslo, Göteborg, Copenhagen, Stavanger e il nostro Conservatorio “Boito”) che hanno aderito con entusiamo alla nostra proposta.

Questo vorrei, che in ParmaFrontiere potesse crescere la partecipazione di giovani artisti, anche a livello progettuale e organizzativo, che nel futuro la produzione potesse divenire sempre più l’attività prevalente e che il nostro progetto di incontro e di confronto tra i linguaggi artistici potesse essere sviluppato.

A fronte del fatto che negli ultimi cinque anni il sostegno economico al festival e alla Cultura in genere ha subito un ridimensionamento radicale, tutto ciò può sembrare un delirio visionario.
Ma noi stiamo con chi sogna.

Roberto Bonati