Diciannove edizioni sono una storia e ogni anno la riflessione sul ruolo che il festival ha avuto e su cosa possa significare si impone. Qual è la storia di questo festival? Guardando indietro a ciò che abbiamo fatto, a ciò che abbiamo costruito e proposto alla città, emergono chiare alcune linee guida: la produzione, l’apertura ai più diversi linguaggi, l’attenzione a ciò che ci è sembrato in movimento, l’incontro tra le diverse arti, la promozione dei giovani, la creazione di collaborazioni internazionali, la presenza di ospiti che hanno, nel loro essere “unici” e “non omologati”, contribuito alla ricerca di un linguaggio contemporaneo, la programmazione di alcuni dei musicisti che rappresentano, per loro esperienza personale, più propriamente la tradizione afroamericana. Abbiamo coltivato le differenze. Sono importanti le differenze, sono ciò che un artista deve coltivare per trovare la propria voce e oggi, sempre più viviamo, nonostante l’apparente multi-culturalità, un’epoca di pericolosa omologazione culturale. Le cose si sono fatte nel tempo difficili, la stessa attività produttiva, cuore del festival, ha dovuto confrontarsi con una realtà non semplice sia per fattori economici che per l’informe politica culturale del nostro paese. Ma siamo qui, ancora una volta, e il nostro desiderio di lavorare per la città e di offrire al pubblico un programma prezioso non è mutato. Ci proponiamo quest’anno con il titolo “Oltre il confine, Ascolti”. Un “oltre” che assume un duplice significato. Da una parte l’invito rivolto ad artisti provenienti dalla Norvegia, dagli Stati Uniti, dalla Svezia, dalla Russia, dall’Olanda, musicisti che vantano una lunga carriera ma anche giovani che escono da alcune delle più prestigiose e innovative scuole d’Europa. D’altra parte, “Oltre il confine”, vuole rivolgersi ai linguaggi, e rappresentare una visione aperta alle nuove tendenze, al di là dei confini dettati dai codici e dagli stili dell’accademia, proponendo la volontà di recuperare una attenzione all’ascolto della musica. Siamo immersi in una quantità di informazioni sonore che non ci permettono di metterci in un ascolto attivo, di maturare una capacità critica, tutto diventa muzak, eterno ed onnipresente sottofondo, mentre la musica ci richiede solo di creare uno spazio e un tempo nei quali possa accadere per essere ascoltata, con attenzione, con amore. I rapporti internazionali del festival si sono sempre più intensificati. Ospitiamo quest’anno giovani artisti delle Accademie di Oslo e di Goteborg e questo significa tenere viva una relazione con quelle realtà che costituiscono il cuore della crescita musicale di quei paesi. Verso il futuro.
Roberto Bonati
Artisti
Stefania Rava Jazz Quintet, Uri Caine & Han Bennink, Riccardo Luppi & Filippo Monico, Enrico Intra Trio, JøKleBa, Adiabatic Invariants, Minnesanger, Beppe di Benedetto 5tet, Benedicte Maurseth & Åsne Valland Nordli, Steve Coleman & Five Elements, Ferner/Juliusson, Pericopes, Morten Halle & Carlo Morena, Misha Alperin - Roberto Bonati - Roberto Dani, The Improvaders