ingresso: a offerta
Qualche ricordo di questi venti anni. Il primo concerto di Anouar Brahem a PJF, con il suo trio di Astrakan Café. L’Italian Instabile Orchestra che sul palco del Teatro Due interagisce con una marchin’ jazz band. Un Johnny Griffin ispiratissimo che racconta storie meravigliose con il suo sax. Un concerto di Nils Molvaer in una sera in cui la neve aveva ridisegnato il paesaggio cittadino. Barry Guy e Maya Homburger che strappano un applauso lunghissimo, con la loro musica sofisticata e impervia, ad un pubblico incantato. Iva Bittová, David Liebman e i Quest, la musica degli Haiku . Quanta musica è passata nel nostro Festival. Dal jazz mainstream alla ricerca radicale, dall’elettronica ai soli di Misha Alperin, dall’incendiario Tim Berne all’aristocratica Norma Winstone.
Tutto questo non andrà perduto. È già tempo di ripartire. Il concerto conclusivo della ventesima edizione di PJF vedrà sul palco una band festosa, eterogenea e forse improbabile. Come nella migliore tradizione del jazz i musicisti daranno vita a un concerto totalmente improvvisato. Non si sa dove arriveranno ma quel punto di arrivo sarà, dovrà essere, l’inizio di un nuovo capitolo. Ci piace pensare questo concerto come l’ultimo della ventesima edizione ma anche, soprattutto, come il primo della prossima.
Marco Buttafuoco
Vent’anni sono una bella età per cominciare – ricominciare – a giocare. Giocare con le note, con gli sguardi tra musicisti che si ritrovano sul palcoscenico dopo qualche giorno, dopo qualche anno, dopo qualche tempo e non importa quanto. In fin dei conti l’improvvisazione è come la vita di tutti i giorni: incontriamo amici per quattro chiacchiere, magari una sera dopo il lavoro, amici che non
vediamo da qualche giorno, da qualche anno, da qualche tempo e non importa quanto. E iniziamo a raccontarci, a condividere idee, esperienze, proprio come i temi, le melodie, le note che si
scambiano i musicisti sul palco. Qualcuno arriva dopo, altri se ne vanno prima, ma tutti partecipano a questo scambio di note, di idee, di racconti, raccolti attorno ai gesti dell’amico che tutti hanno in comune, quello che è pronto ad alzare il bicchiere per brindare al primo arrivato, lo stesso che saluta con un abbraccio l’ultimo che si allontana a serata terminata. Ascoltare queste note scambiate, donate l’un l’altro è uno dei regali più belli che possiamo fare a Parma Jazz Frontiere, accogliendo l’invito, dopo vent’anni, a un nuovo inizio che, come nel Giuoco delle perle di vetro di Hermann Hesse, ci chiama – richiama – a partecipare: “Ogni inizio contiene una magia, che ci protegge e a vivere ci aiuta”.
Alessandro Rigolli
Produzione ParmaFrontiere 2015